Godzilla di Gareth Edwards: recensione

In principio fu Gojira (1954), occidentalizzato in Godzilla e diretto da Ishirȏ Honda come risposta giapponese al King Kong americano. Oggi (28 film dopo), al sessantesimo anniversario della sua nascita, il Re dei Mostri radioattivi torna nel reboot di Gareth Edwards, talentuoso regista di “Monsters” e saggio narratore fantascientifico dei tempi odierni. A far dimenticare il fallimentare risultato della penultima versione di Roland Emmerich ci pensano già i primi venti minuti, durante i quali il film non solo attinge con riguardo alla tradizione nipponica, ma sottoscrive quanto il risultato del ‘98 avesse mancato il bersaglio.

Joe Brody (il Bryan Cranston di Breaking Bad) è un fisico nucleare responsabile della centrale atomica di Janjira, convinto che i recenti sismi che minacciano un’esplosione catastrofica abbiano un’origine assai diversa dai normali terremoti. La decisione di fermare l’impianto è immediata, ma in pochi secondi un incidente assume proporzioni gigantesche. Le cause si sveleranno 15 anni più tardi, quando padre e figlio (l’ex Kick-Ass e futuro Quicksilver Aaron Taylor-Johnson) si troveranno faccia a faccia davanti alle tragiche conseguenze di un ingovernabile progresso. La visione apocalittica dei danni ecologici ha qui (e fuori) radici profonde: gli abusi delle risorse naturali, le scorie energetiche e i mostri che ne scaturiscono sono il risultato della protratta incuranza dell’uomo nei confronti dell’ambiente.

Edwards affonda gli artigli in questioni attualissime (vista anche la recente Fukushima), annodando con arguzia il realismo delle vite ordinarie dei personaggi con la fantascienza immaginifica dello svago. Niente tuttavia è mera attrazione, gli attori non sono qui eroi con la soluzione in tasca,  Taylor come gli studiosi Ken Watanabe e Sally Hawkins, persino l’ammiraglio David Strathairn sono formiche contro la potenza genica di nemici mastodontici. Godzilla è il furiosissimo e arcaico Kaiju di 120 metri, ma è anche il fulcro di un (dis)equilibrio biologico con una missione precisa. Punto di forza restituito al pubblico dalle viscere della terra, tenuto in caldo nel corso dell’azione e dotato del classico raggio atomico. Il regista lo fa muovere dentro metropoli mutate in giungle: sedi di combattimenti titanici e incubatrici nucleari di creature spaventose. Un furore a grafica potenziata (buono anche il 3D) incorniciato nei dosati slow-motion e nei campi lunghissimi delle atmosfere dense e fosche del disastro.

Centro nevralgico del film resta però l’umanità, rapportata alla bieca convinzione del controllo assoluto e incapace poi di porre rimedio a errori insanabili. Tuttavia è proprio l’emozione degli attori in carne e ossa che fatica ad arrivare, Taylor si giostra tra la verosimile fermezza del soldato e la paura di perdere i propri cari, ma non scava negli stati d’animo delle scene, risultando fiacco, in alcune parti distaccato. Watanabe ce la mette tutta rivelando coi suoi sguardi il terrore e l’angoscia che lo attanagliano, purtroppo messi da parte in un copione gradualmente più snello.  Speculari all’identico istinto di sopravvivenza, gli uomini e i mostri di Edwards seguono l’inarrestabile corsa evolutiva. Alla vigilia della fine non è il conflitto tra il bene e il male a dare il senso al film (enfasi latente già nel lungometraggio d’esordio), ma è la furia imparziale su cui la natura poggia il proprio futuro.  L’“Alfa Dominante”, un “Dio” posto al centro del mondo che ci ricorda la nostra insignificanza, la nostra arroganza con la quale ci siamo imposti senza chiedere permesso.

Qualcuno ha parlato di “blockbuster d’autore”, di certo l’immane ordalia visiva e sonora a cui si assiste non passa inosservata.


MissKdC

«La televisione crea l'oblio, il cinema ha sempre creato dei ricordi»

6 commenti:

  1. Scusa, io l'ho visto ma non ho capito una cosa, nel trailer si vede la statua delle Libertà ma poi nel film viene distrutta San Francisco e New York manco si vede, mi son perso qualche scena?

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    1. No, hai ragione. Nel film mancano anche altre scene presenti nel trailer, spesso sono i tagli al montaggio che creano queste differenze (ad esempio è una cosa che mi è capitato di vedere anche nel recente Frozen), o a volte sono scene realizzate appositamente per la pubblicità, eppure come ci sia finita lì la Statua della Libertà non lo so proprio..il film è stato girato su molte coste del globo, ma New York non è nemmeno menzionata..

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    2. Bah, forse nelle scene tagliate c'era una "America in miniatura" ( tipo Italia in miniatura).

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    3. Sì, anche come dire: aggiungiamola tanto nella catastrofe ci sta sempre bene! ^_^

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    4. Mi sono informato meglio, pare si tratti di una replica che c'è a las vegas.

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