
Non è poco visto che si tratta di un’opera prima, visto, soprattutto, che l’abisso, il futuro, la simbiosi uomo-macchina, l’alieno e la distopia tipiche della sci-fi siano argomenti ancorati troppo facilmente a grafiche mozzafiato, a discapito della narrazione. L’Io di oggi è spesso in braccio a un’esile eredità che costruisce altri mondi e altre gesta, lasciandoci plausibili, passati, ricordi, o a volte prevedibili. L’uomo non è più ciò che è, l’uomo è ciò che fa: poco importa cosa rimane della sua introspezione, cosa resta dell’essere, o se solitudine e solipsismo stiano diventando tragici sinonimi. C’è una parte di cinema che da queste basi edifica il caos, i fragori di luci e di ombre, le grandi corse intersiderali; che sempre più spesso ci rende eroi e sempre meno spesso parla di umanità . Forti di artefatti, contaminati dal "tutto e subito", sfocati e superficiali, dentro film divorati dall’azione, dentro azioni in cui non siamo protagonisti (n.d.r. nulla da ridire sull'action sci-fi, qui si discute sugli effetti speciali senz'anima). Che ne è dell’uomo? Che ne è della fantascienza che ci mette in (il) dubbio? Che ne è della coscienza? Di quell’angoscia che solo la tristezza umana sa provare dinanzi all’ignoto, alla depressione, alla scoperta senza via di fuga? Che ne è dell’affrontare il dolore? Del tempo? Delle menzogne che ci distruggono, delle verità che ci affliggono? Dell’essere crudeli, deboli, arresi? Cosa succede quando non sappiamo più chi siamo?

Regno Unito.
Nessun commento:
Posta un commento