
L'ultimo Tomb Raider aggiorna (e riarma) il personaggio con dichiarate intenzioni di non fare parallelismi con i film precedenti. A partire dalla protagonista, umana e guerriera, che ancora prima del fisico vince una stella per la credibilità . La Vikander crede in questa eroina e, al contrario della collega precedente, non si preoccupa di anteporre la bellezza all’azione, anzi regge un film che altrimenti sarebbe la versione noiosa di Indiana Jones.
Perciò anche se Roar Uthaug pare stia girando un compito in classe commettendo un errore da principiante: snodi narrativi tanto succinti da sembrare obbligati a seguire un copione apri/chiudi di sequenze, l'intrattenimento riesce a farsi strada.
Certo avanza appassionando poco col dispiacere aggiunto di trailer rivelatori ormai fastidiosissimi. Ancora si potrebbe discutere sulla velocità di guarigione della ragazza, sulla carenza di battute degne di nota o sui monodimensionali coprotagonisti, ma con la speranza che si raddrizzi il tiro Tomb Raider segna l’esordio della neo Lara. Lei, diversamente dal regista, corre a pieno regime, in una genesi che insegna che chi osa vince, e quelle che vincono sono le stesse che non mollano mai.
Stelle: 6
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